Difesa Personale - La Respirazione


Durante un combattimento , è fondamentale imparare a respirare in modo corretto, in questo modo si riesce ad utilizzare al meglio l'energia vitale che si trova all'interno del corpo e per mezzo della quale si possono ottenere risultati incredibili.
In situazioni di particolare emergenza , ad esempio quando la propria vita o la vita di un familiare è in pericolo, si riesce a sviluppare una forza inaspettata che assolutamente non ha nulla a che vedere con il nostro status fisico e muscolare. Questa è l'energia vitale.
Uno degli obiettivi dello studio delle discipline marziali o di autodifesa è imparare a concentrare, canalizzare ed utilizzare al meglio l'energia vitale chiamata Ki (pronuncia CHI) questa energia proviene dall'esterno, dall'universo, si propaga nell'aria ed è quindi strettamente legata alla respirazione.

Secondo la tradizione orientale durante la respirazione l'aria non solo cede al corpo ossigeno, ma anche il Ki. Questo nel corpo umano percorre dei canali ben determinati, e mediante una mente opportunamente addestrata lo si può attivare e dirigere proprio dove serve.
Per imparare ad utilizzare al meglio il Ki è necessario che un maestro insegni la tecnica all'allievo. Questa è una pratica che deve essere applicata in modo costante e ciò può durare molti anni. Non è escluso che un'applicazione quotidiana degli insegnamenti , applicata quotidianamente dal buon allievo, contribuisca notevolmente a ridurre i tempi.
 
La respirazione

I ritmi che regolano l'organismo umano sono molti, ma i più importanti sono il ritmo cardiaco e la respirazione. Le emozioni possono alterare o indurre il cambiamento di questi ritmi. Il cuore è un muscolo involontario, esso risponde autonomamente alle sollecitazioni chimiche dell'organismo sottoposto a emozioni e su di esso è difficile intervenire. L'attività cardiaca richiama direttamente il meccanismo della respirazione poiché un cuore particolarmente sollecitato ha più bisogno di ossigeno per alimentare insieme al sangue il più periferico dei muscoli impegnati. Una forte emozione come un'aggressione, o un combattimento unita allo sforzo muscolare che la situazione impone all'organismo, richiede una maggiore escursione respiratoria,  adatta a supportare il muscolo cardiaco.
Si può imparare ad effettuare un importante controllo sui meccanismi della respirazione.

Un' emozione violenta, che può a seconda i casi determinare paura o rabbia ,anche a causa dell'adrenalina, fa accelerare il nostro battito cardiaco ed induce oltre all'irrigidimento involontario dei muscoli, anche un aumento della frequenza respiratoria, ma essendo questi meccanismi collegati tra di loro, se si riesce a controllare la respirazione di conseguenza anche il cuore rallenterà i suoi battiti, rendendo possibile in qualche modo controllare le emozioni, conseguentemente l'adrenalina prodotta servirà esclusivamente a potenziare le prestazioni.
La nostra respirazione deve essere in sintonia con i movimenti del corpo, in questo modo essi saranno naturali, armoniosi, fluidi e coordinati.
Le due fasi della respirazione seguono una logica, nell'inspirazione carichiamo il nostro organismo di energia, mentre nella fase di espirazione utilizziamo e canalizziamo questa energia.
 
Respirazione diaframmatica

Vediamo ora come funziona la respirazione, le parti interessate sono due, il torace e l'addome, divisi da una membrana che si chiama diaframma.
Normalmente le persone utilizzano la respirazione toracica, in cui si allarga il torace riempiendo i polmoni di aria nella fase di inspirazione e si comprime il torace nella fase in cui l'aria viene spinta fuori, cioè l'espirazione.
Nella respirazione diaframmatica non c'è un movimento della cassa toracica, ma si inspira spingendo in basso il diaframma con una conseguente espansione dell'addome, è importante che i muscoli siano rilassati, nella fase di espirazione invece l'addome si ritira e l'aria esce. In questa fase di movimento del diaframma si sposta il centro del movimento respiratorio dal torace al centro del ventre, quel punto che i cinesi chiamano Tan T'ien che corrisponde al baricentro del corpo umano ed è in qualche modo collegato al 3° Chakra.

Questo movimento differente da quello toracico permette di far ciracolare una quantità d'aria maggiore, permettendoci quindi di caricarci di più energia, inoltre la respirazione diaframmatica permette di raggiungere con l'ossigeno degli alveoli polmonari periferici che con la respirazione toracica non si raggiungerebbero.

L'ottimo si raggiunge imparando ad utilizzare entrambe le respirazioni; durante l'inspirazione si dovrebbe espandere dapprima l'addome per consentire la respirazione diaframmatica, subito dopo espandendo il torace come nella situazione normale. Durante l'espirazione si procede in senso inverso, scaricando prima il torace e poi l'addome. Si deve far attenzione inizialmente a non esasperare questi movimenti poiché potrebbero indurre altri disturbi fisici.

"IMPARIAMO A RESPIRARE"

Difesa personale - Il pugno



KARATE
 Nel Karate un pugno può essere considerato una tecnica ben eseguita solo se la sua efficacia ha origine da una posizione del corpo ben salda al terreno che permetta di sfruttare al meglio la reazione verso l'alto che si ottiene applicando una pressione al suolo, l'energia così prodotta attraversa tutto il corpo secondo un percorso determinato fino a sfociare sul punto d'impatto la prima tappa di questo cammino sono le anche: una tecnica può essere definitiva solo se la rotazione dei fianchi viene sfruttata completamente, tanto più rapida è la rotazione tanto più veloce risulta la tecnica finale. Il principio su cui si basa la rotazione è lo stesso della molla: più strettamente viene avvolta, maggiore è la forza che sprigiona quando viene rilasciata, ruotare le anche in direzione del bersaglio è come liberare una molla precedentemente avvolta, la velocità di esecuzione è di importanza fondamentale essendo, con il peso, elemento determinante della potenza totale ottenibile.

PUGILATO
Il pugilato è uno sport di combattimento occidentale che si basa unicamente sull'uso di pugni, principalmente 4. Il jeb ossia il pugno dritto con la mano avanzata. Il diretto, il pugno dritto con la mano retrocessa. Il gancio e il montante, pugno a salire dal basso, difficile ma micidiale. Questi 4 semplici ma efficaci pugni, portati ad una esecuzione tecnica e muscolare perfetta, fanno del pugile un pericolosissimo avversario. Forse il peggiore.
La guardia è solitamente destra, cioè con arretrato il braccio destro e avanzato il sinistro, questo per tenere il pugno più forte pronto a colpire "seriamente" mentre il braccio più debole avanzato fa azione di disturbo e serve per far aprire la guardia avversaria.



AlTRE TECNICHE
Per il pugno a un pollice occorre abilità nel fa jing per generare una tremenda quantità di forza d'impatto ad una distanza estremamente ravvicinata. Quando esegue il suo pugno a un pollice, il praticante è in piedi, con il suo pugno molto vicino al suo obiettivo (la distanza dipende dall'abilità del praticante; può variare da 0 a 15 cm circa). In un unico movimento esplosivo, le gambe si fissano, il giro vita ruota, le costole si espandono e il braccio si stende verso l'obiettivo. È importantissimo che tutto il corpo si muova all'unisono, altrimenti il potere sarà limitato. L'obiettivo in queste dimostrazioni varia, a volte è un praticante che ha un elenco telefonico sul petto, a volte tavole di legno che devono essere rotte


Tecnica del pugno diretto nel combattimento reale
Il combattimento reale è spesso molto vario, tanto che il suo esito è dipendente da un tale numero di fattori che persino lo studente più esperto non può che tralasciarne almeno qualcuno. Questi fattori dimenticati possono essere causa di sconfitta anche dei più forti combattenti in seguito ad uno scontro con un qualsiasi teppistello (un'espressione che mi piace molto in proposito e che descrive, a mio parere, molto bene la situazione "nessuno è invincibile"). Tuttavia c'è un fattore che proprio non può essere trascurato e che chiunque si accosti allo studio del combattimento reale a mani nude, per quanto possa deficere di attenzione e capacità di intuizione, non può non ritenere importante: si tratta della capacità, propria e dell'avversario (o avversari), di gestire lo scontro ad una distanza sufficientemente corta da potersi permettere di colpire con i pugni, cioè a distanza media, ravvicinata e corta1, dal momento che è a questa distanza che normalmente si articola il combattimento. Il pugno diretto, in particolare, è la tecnica di combattimento più utile, dal punto di vista tattico, a dominare l'avversario alla distanza media e ravvicinata. Ovviamente, però, come tutti i colpi di Arti marziali, per poter sortire il suo massimo effetto, deve essere sferrato rispettando dei parametri tecnici. Vediamo quali sono.
LA POSIZIONE DI PARTENZA DEL PUGNO DIRETTO:
Come per tutti i colpi, anche per il pugno diretto è necessario che l'esecuzione parta da una posizione idonea a garantirne velocità e potenza, quindi idonea a cogliere di sorpresa l'avversario e a fargli male (per impedirgli di fare male a sua volta). La posizione di partenza del pugno diretto deve essere così costruita: gli arti inferiori devono trovarsi in una discreta divaricata sagittale2 con le gambe appena flesse sulle cosce; il grado di divaricata frontale deve essere tale che quelle due linee rette immaginarie perpendicolari al suolo e passanti ciascuna per uno dei due punti più laterali del bacino passino anche ciascuna per un piede (idealmente la suddetta retta dovrebbe congiungersi con un'altra retta che divide il piede in una metà di sinistra e una di destra); l'angolo sotteso tra quella linea retta immaginaria che divide il piede posteriore in una metà sinistra e una metà destra e la retta congiungente il tallone dello stesso piede con la direzione in cui si trova l'avversario deve essere in valore numerico quanto più possibile vicino a 0°; lo stesso vale per il piede anteriore; il tronco deve essere tenuto in una posizione semifrontale in relazione alla dislocazione dell'avversario nello spazio; il capo deve orientarsi in una posizione tale che si riesca a tenere lo sguardo fisso sull'avversario (in effetti è necessario mantenere lo sguardo sull'avversario durante tutta l'esecuzione della tecnica). La posizione dell'arto superiore arretrato, ossia dell'arto superiore parallelo all'arto inferiore posteriore, deve essere tale che l'avambraccio sia flesso sul braccio; il pugno, chiuso ma non serrato con forza, si dispone anteriormente rispetto alla bocca. Per i principianti, può essere opportuno adottare una posizione leggermente differente che, sebbene non faciliti l'acquisizione della posizione di partenza, facilita certo l'apprendimento della tecnica del pugno diretto. Tale posizione deve essere così composta: l'avambraccio in flessione sul braccio; il pugno chiuso, ma non serrato con forza, deve trovarsi con le nocche delle dita prossime a toccare lo zigomo più vicino. Per quel che riguarda invece la posizione dell'arto superiore avanzato (in gergo, "il braccio guida"), deve disporsi in atteggiamento breve (ossia con l'avambraccio flesso sul braccio), con il pugno chiuso ma non serrato con forza, in modo tale che la mano si trovi esattamente dinanzi all'altra. Entrambe le spalle devono essere leggermente elevate. Entrambi i gomiti devono trovarsi aderenti al tronco.